Discussione:
Particelle in fisica classica
(troppo vecchio per rispondere)
Maurizio Malagoli
2017-05-24 17:06:44 UTC
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In fisica classica (meccanica, elettromagnetismo, relatività) normalmente si suppone che le particelle abbiano un volume finito e continuo ma se leggiamo cosa dice Landau nel suo libro “Fisica teorica 2 - Teoria dei campi” a pag. 67:














“In meccanica classica, si può introdurre il concetto di corpo assolutamente rigido, cioè corpo indeformabile a nessuna condizione. Nella teoria della relatività, con corpo assolutamente rigido si dovrebbe intendere quindi un corpo, le cui dimensioni restano invariate nel sistema di riferimento dove esso è in quiete. È facile tuttavia vedere che la teoria della relatività rende in generale impossibile l'esistenza di corpi assolutamente rigidi.[…] Ci sono altri modi per convincersi dell'impossibilita dell'esistenza di corpi assolutamente rigidi. Ammettiamo che un corpo rigido qualunque venga messo in moto da una causa esterna agente su uno dei suoi punti. Se il corpo fosse assolutamente rigido, tutti i suoi punti dovrebbero mettersi in moto contemporaneamente al punto sottoposto all' azione; contrariamente, il corpo si deformerebbe. Tuttavia, la teoria della relatività rende impossibile la prima ipotesi perché l'azione alla quale e sottoposto un punto si propaga verso gli altri punti con velocita finita, e perciò i punti non possono muoversi tutti contemporaneamente. Quello che e stato detto permette di trarre alcune conclusioni relative alle particelle elementari, cioè particelle il cui stato meccanico può essere completamente descritto da tre coordinate date e dalle tre componenti della velocita del moto. È evidente che se una particella elementare avesse dimensioni finite, cioè avesse un'estensione, essa non potrebbe deformarsi, perché il concetto di deformazione e legato alla possibilità di movimenti indipendenti delle diverse parti di un corpo. Come abbiamo visto prima, però, la teoria della relatività non ammette l'esistenza di corpi assolutamente rigidi. Nella meccanica relativistica classica (non quantistica) non si possono attribuire dimensioni finite alle particelle elementari. In altri termini, nel quadro della teoria classica, le particelle elementari vanno considerate puntiformi 1). […] 1) Benché nella meccanica quantistica la situazione cambi sostanzialmente, la teoria della relatività rende molto difficile l'introduzione del concetto di interazione non puntiforme.”

Invece Leonard Susskind nel suo libro “Il minimo teorico. Tutto quello che dovete sapere per fare della (buona) fisica”, a pag 37 scrive:

“Il concetto di particella puntiforme è una idealizzazione. Nessun oggetto è così piccolo da essere puntiforme, nemmeno un elettrone.”
Potreste aiutarmi a chiare un po' queste due visioni, che, a me, sembrano un po' in contraddizione?



Da quello che ho capito, se in meccanica quantistica considerare una particella come una biglia è profondamente sbagliato, anche in fisica classica non è poi così corretto, ossia non mi sembra che via sia chiarezza sull'ente fisico che vogliamo associare alle entità matematiche che rappresentano un punto o una regione dello spazio dotato di massa e/o carica.
l***@gmail.com
2017-06-19 16:07:25 UTC
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Molti fisici , anche autorevoli , continuano a considerare le particelle elementari come entita' puntiformi .
Sicuramente e' un metodo che e' molto utile e semplifica diversi problemi ,ma probabilmente ci toglie
una parte di quello che potremmo sapere su tali particelle .
Susskind non e' l' unico a pensare che persino un elettrone deve avere una dimensione non nulla .
Il premio nobel per la fisica 1989 , H.G. Dehmelt che ha ricevuto tale premio per lo sviluppo della
tecnica delle trappole per ioni (Penning trap) in una delle sue pubblicazioni al riguardo "Experiments with
an isolated subatomic at rest" arriva ad estrapolare sperimentalmente , insieme ad altre considerazioni ,
un raggio per l' elettrone di circa 10(-22) metri .
Rimane la curiosita' di come caratterizzare ulteriormente tale "sistema elettrone" .
Un tentativo teso a soddisfare tale curiosita' si puo' trovare a : http://www.microquanta.info
per una " prima occhiata" sono sufficienti i PAR. 2.1 , 2.3 , 2.5 del CAP.2
Il tentativo e' quello di costruire un sistema di onde di carica stazionario .
L' approccio e' condotto nel continuo e nel discreto . In quest' ultima modalita' e' piu' agevole
visualizzare il modello ed imporre le condizioni di equilibrio necessarie .
Il modello non e' completo ma riesce a riprodurre il risultato sperimentale di Dehmelt , che
purtroppo non e' molto preciso , ma questo e' lo stato delle cose .
Buona lettura

Lino

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