Discussione:
Fotoni ed ottica
(troppo vecchio per rispondere)
Luca85
2007-04-10 20:22:31 UTC
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Dunque...Nei corsi introduttivi di laboratori di particelle e simili
ci fanno vedere come i fotoni in base alla loro energia interagiscono
con la materia. E si passa da effetto fotoelettrico a compton, a
produzione di coppia etc...
Mentre per i fotoni dell'ottica, che hanno energie molto più basse,
non ci hanno detto niente. Cosa sensata perchè non si incontrano in
quelle occasioni.
Ma mi vien da chiedermi...
Alla luce che viene riflessa cosa succede in termini di singoli
fotoni?
e a quella diffusa invece?
e quella trasmessa/assorbita?

Curiosando....

Grazie!!
Elio Fabri
2007-04-11 17:40:58 UTC
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Post by Luca85
Dunque...Nei corsi introduttivi di laboratori di particelle e simili
ci fanno vedere come i fotoni in base alla loro energia interagiscono
con la materia. E si passa da effetto fotoelettrico a compton, a
produzione di coppia etc...
Mentre per i fotoni dell'ottica, che hanno energie molto più basse,
non ci hanno detto niente. Cosa sensata perchè non si incontrano in
quelle occasioni.
Ma mi vien da chiedermi...
Alla luce che viene riflessa cosa succede in termini di singoli
fotoni?
e a quella diffusa invece?
e quella trasmessa/assorbita?
Dunque :-)
Possiamo ovviamente scordarci le coppie, e devi anche sapere che
l'effetto Compton nel visibile e' del tutto trascurabile.
L'effetto fotoelettrico invece e' importante per definizione, visto
il nome (ricorda che in greco "phos" vuol dire "luce" :-) ).

Dopo di che, non mi e' tanto chiara la domanda, perche' le risposte
sono piuttosto ovvie.
Riflessione e diffusione a scala microscopica sono la stessa cosa:
scattering elastico di fotoni.
Trasmissione e' in sostanza lo scattering in avanti (conosci quello
che si chiama "teorema ottico"?)

Resta l'assorbimento.
Certo un fotone del visibile puo' essere assorbito, e la sua energia
puo' avere destini diversi:
a) Essere presa da un elettrone emesso da un atomo di un gas o da un
solido; la prima si chiama "fotoionizzazione", il secondo appunto eff.
fotoelettrico".
b) Eccitare un atomo che poi si diseccita per urto con altri atomi o
con altri possibili meccanismi; col che l'energia del fotone finisce
in agitazione termica: questo e' il vero e proprio "assorbimento".
c) Tornare in parte a un fotone di energia minore di quello incidente:
e' quella che si chiama "fluorescenza". La legge di Stokes, come fu
enunciata prima che i fotoni venissero "scoperti", diceva appunto che
la luce di fluorescenza ha sempre l. d'onda maggiore di quella
eccitante.

C'e' un lavoro, scritto nel 1905 da un certo Einstein, nel quale si
mostra appunto che i fotoni (non li chiamava cosi', pero') spiegano
facilmente tutti questi fenomeni.
L'avevi sentito mai dire? :-)
--
Elio Fabri
Luca85
2007-04-14 12:49:02 UTC
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Post by Elio Fabri
l'effetto Compton nel visibile e' del tutto trascurabile.
Questo e quello delle coppie mi è chiaro.
Post by Elio Fabri
L'effetto fotoelettrico invece e' importante per definizione, visto
il nome (ricorda che in greco "phos" vuol dire "luce" :-) ).
Beh...immagino che possa avvenire solo quando l'energia del fotone è
maggiore di quella dell'e- meno legato.
Quindi magari per frequenze più basse del visibile non avviente.
Post by Elio Fabri
scattering elastico di fotoni.
Che siano simili mi è chiaro...Quello che mi chiedevo è come mai certi
materiali rimandano i fotoni che arrivano indietro in media con
l'angolo che conosciamo e altri li diffondano quasi isotropicamente.
Post by Elio Fabri
Trasmissione e' in sostanza lo scattering in avanti (conosci quello
che si chiama "teorema ottico"?)
Questo non l'ho trattato troppo..E poi...da che propietà del materiale
dipende che tipo di scattering fa?
Post by Elio Fabri
b) Eccitare un atomo che poi si diseccita per urto con altri atomi o
con altri possibili meccanismi; col che l'energia del fotone finisce
in agitazione termica: questo e' il vero e proprio "assorbimento".
e' quella che si chiama "fluorescenza". La legge di Stokes, come fu
enunciata prima che i fotoni venissero "scoperti", diceva appunto che
la luce di fluorescenza ha sempre l. d'onda maggiore di quella
eccitante.
In effetti hai ragione...Sono risposte abbastanza ovvie.... Avrei
dovuto arrivarci..
Post by Elio Fabri
C'e' un lavoro, scritto nel 1905 da un certo Einstein, nel quale si
mostra appunto che i fotoni (non li chiamava cosi', pero') spiegano
facilmente tutti questi fenomeni.
L'avevi sentito mai dire? :-)
Sentito dire milioni di volte...Ma poi nessuno ce li ha mai spiegati
dopo averli citati.
E solo spiegato a grandi linee l'effetto fotoelettrico...
Ho l'impressione che il corso di fisica 3 della mia universita' sia da
epurare e reistituire da zero...
popinga
2007-04-16 11:37:33 UTC
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Il 10 Apr 2007, 22:22, "Luca85" ha scritto:

Lo scattering compton a basse energie (ad esempio nel visibile) si riduce a
diffusione Thomson, in cui il rinculo dell'elettrone è trascurabile e la
frequenza dei fotoni non viene alterata nell'urto (per cui è possibile una
trattazione classica del problema, in termini di onde elettromagnetiche).
Quello che succede in pratica, ad esempio quando hai luce visibile che
attraversa un mezzo, è che la radiazione viene diffusa in tutte le
direzioni. Lo scattering Thomson è responsabile dell'opacità delle atmosfere
stellari, in cui i fotoni a causa degli urti Thomson sulle particelle
cariche seguono cammini random e possono impiegare anche molto tempo
(migliaia di anni?) prima di uscire dalla stella. Nel caso di diffusione su
elettroni legati agli atomi (es. atmosfera terrestre), l'effetto del legame
atomico può protare ad una dipendenza della probabilità di diffusione dalla
frequenza della radiazione incidente: questo fenomeno è legato al colore blu
del cielo.
--


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Elio Fabri
2007-04-18 19:40:02 UTC
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Post by Luca85
Che siano simili mi è chiaro...Quello che mi chiedevo è come mai certi
materiali rimandano i fotoni che arrivano indietro in media con
l'angolo che conosciamo e altri li diffondano quasi isotropicamente.
Non e' il materiale che decide: e' lo stato della superficie.
Una superficie metallica sabbiata e' diffondente, ma se la lucidi
diventa uno specchio.
Lo stesso accade anche per dielittrici: per es. una lastra di vetro,
trasparente e riflettente, se la riduci in polvere diventa diffondente.

Molto carino fare la prova conun vetro per saldatore, che e' assai
scuro, assorbe moltissimo la luce.
Prova a pestarlo in un mortaio, e vedrai...
Post by Luca85
Questo non l'ho trattato troppo..E poi...da che propietà del materiale
dipende che tipo di scattering fa?
No, lo scattering in avanti e' soltanto quello ad angolo zero.

In generale, per una particella, un atomo, quello che vuoi, se ci
mandi su un'altra particella, per es un fotone, ci sara' uno
scattering conuna certa distribuzione angolare per l'ampiezza di
scattering e per la sezione d'urto differenziale (che e' il modulo
quadrato dell'ampiezza).
Il teorema ottico dice semplicemente che nello scattering elastico la
parte immaginaria dell'ampiezza di scattering in avanti e' uguale alla
sezione d'urto totale divisa per il doppio della lunghezza d'onda
della part. incidente.
E' un teorema del tutto generale, ben piu' vecchio della mecc.
quantistica: infatti un'eccellente trattazione la trovi sul testo di
ottica di Bruno Rossi.
Post by Luca85
Sentito dire milioni di volte...Ma poi nessuno ce li ha mai spiegati
dopo averli citati.
E solo spiegato a grandi linee l'effetto fotoelettrico...
Ho l'impressione che il corso di fisica 3 della mia universita' sia
da epurare e reistituire da zero...
Questo non lo posso dire, e non ho alcun motivo per pensare che la tua
universita' sia il caso peggiore ;-)

Comunque l'articolo di Einstein si trova anche in trad. italiana, e
potrest sempre leggerlo.

L'articolo presenta una parte teorica iniziale, in cui E. fa vedere
che l'entropia della radiazione nera nel caso limite di basse
temperature o alte frequenze somiglia molto a quella di un gas
perfetto, il che induce a proporre appunto la costituzione
corpuscolare della radiazione.
Dopo di cio' c'e' l'applicazione a diversi fenomeni, tra cui quelli
che ti ho citato. questa seconda parte e' facile, e molto istruttiva,
perche' mostra come E. si sia sempre preoccupato, nel proporre un'idea
rivoluzionaria, d'indicare come potesse essere messa alla prova.

Per es. nel caso dell'effetto fotoelettrico, la famosa legge di E.,
sulla dipendenza lineare tra soglia e frequenza della radiazione, fu
verificata quantitativamente da Millikan mi pare solo 10 anni dopo.
Post by Luca85
Nel caso di diffusione su elettroni legati agli atomi (es. atmosfera
terrestre), l'effetto del legame atomico può protare ad una dipendenza
della probabilità di diffusione dalla frequenza della radiazione
incidente: questo fenomeno è legato al colore blu del cielo.
Va pero' detto che nel caso dell'aria siamo in condizioni limite, in
cui l'energia dei fotoni e' piccola rispetto alla prima transizione
possibile dallo stato fondamentale degli atomi.

In queste condizioni e' possibile una trattazione interamente classica
(Rayleigh) che dimostra come la distribuzione spettrale della luce
diffusa (inv. prop. a lambda^4) sia indipendente dalla natura degli
atomi, ma dipenda solo dall'indice di rifrazione del gas e dalla sua
densita' numerica.
--
Elio Fabri
Tetis
2007-04-19 18:45:49 UTC
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Post by Elio Fabri
Non e' il materiale che decide: e' lo stato della superficie.
Una superficie metallica sabbiata e' diffondente, ma se la lucidi
diventa uno specchio.
Per quanto mi sembri evidente che tutti i materiali hanno un
certo grado di diffusività, dovuto forse a minime "imperfezioni"
della superficie (pensa però anche alle ricostruzioni che non
è corretto definire imperfezioni), mi è difficile credere che per i metalli
la situazione sia identica a quella di un qualsiasi materiale colorato.

Lasciando da parte i materiali trasparenti colorati e pensando solo a quelli
molto opachi la situazione non è sempre la stessa, essenzialmente
immagino tre classi di sistemi: i materiali lineari
omogenei, quando la superficie è liscia
sono riflettenti con basso grado di diffusione. I materiali lineari
eterogenei
formati di mescole, e tinte pigmentate, anche se li levighi conservano
un alto grado di diffusività (per definizione si dicono pigmenti quei
materiali
che diffondono la luce anche in un solvente, mentre si dicono coloranti dei
materiali che non provocano diffusione quando posti in soluzione). Ed infine
i sistemi fluorescenti caratterizzati da una polarizzabilità non lineare.

Nel caso lineare, lasciando da parte i fenomeni di fluorescenza,
la teoria che descrive i comportamenti fra questi due estremi
dipende da una cosa molto comune
in meccanica ondulatoria, che viene discussa bene anche sul libro di Rossi
che citi e che è il fattore di struttura.
Post by Elio Fabri
Molto carino fare la prova conun vetro per saldatore, che e' assai
scuro, assorbe moltissimo la luce.
Prova a pestarlo in un mortaio, e vedrai...
Diventa un grigio a volte molto chiaro. Però pensa ad un gesso
colorato: se lo frantumi non mi sembra che la luminosità aumenti
granchè e nemmeno il colore apparente cambia. Ma allora da cosa
dipende questa differenza di comportamento fra un vetro opaco ed
un gessetto colorato?

Consideriamo ancora un altro sistema, la schiuma da sapone.
Newton, (ma anch'io modestamente :-))
osservava come una schiuma guardata da
lungi appaia bianca, ma andando a guardare con attenzione, eventualmente
con l'aiuto di una lente, le singole bolle mostreranno immancabilmente, e
distintamente, tutti i colori dell'iride. Non tutte le schiume però appaiono
bianche. Questo è ancora un'altro caso, infatti qui contano sia la
diffusione dovuta alle impurezze contenute nel liquido, sia i fenomeni di
rifrazione e riflessione, quindi, in tal caso, contano le proprietà
dispersive
intrinseche del mezzo e le proprietà di diffusione ed assorbimento da
parte delle impurezze.

E' solo perchè in una schiuma sporcata da una fase colloidale dispersa
abbiamo scale ben distinte che possiamo distinguere fra luce diffusa,
dai pigmenti, luce assorbita dal mezzo, e luce rifratta, trasmessa e
riflessa. In particolare,
si scopre con paziente applicazione teorica che le proprietà di assorbimento
da
parte del mezzo e le proprietà di rifrazione sono collegate.
Post by Elio Fabri
Post by Luca85
Questo non l'ho trattato troppo..E poi...da che propietà del materiale
dipende che tipo di scattering fa?
Io ho trovato utile QED di Feynman lo lessi molto prima del Rossi,
ti fa arrivare all'idea
di un fattore di struttura a via di esempi, purtroppo, da quel
che ricordo non è molto completo per quanto riguarda le proprietà
ottiche di natura più genuinamente chimica, come la fluorescenza,
nè per quanto riguarda l'ottica non lineare, o i materiali
otticamente attivi come i laser, i LED e i tubi catodici, ma per le
proprietà cromatiche ordinarie dei mezzi inerti contano quasi
solo la chimica, ovvero le proprietà dei livelli,
ed il fattore di struttura, su questo QED è molto dettagliato,
sul resto lascia un poco all'immaginazione il modo in cui si
colma il gap fra lo schema teorico, che, per l'epoca era quanto di
più generale si avesse in tema di elettrodinamica, e le applicazioni.

Nei cristalli puri il fattore di struttura
è essenzialmente, come quello del vuoto per la parte spaziale, mentre
per la parte temporale risente solo delle proprietà di assorbimento
ovvero della densità degli stati elettronici, se sono presenti impurezze
o centri di scattering il fattore di struttura
dipende da come sono messi questi
centri, pochi atomi possono cambiare il colore di un intero cristallo,
pochi atomi ben ordinati possono produrre effetti direzionali .

Nei materiali polifasici con struttura policristallina
abbiamo un continuo di comportamenti che va dagli effetti
ordinati di uno schema quasicristallino, ai fattori di struttura
omogenei dei vetri silicati. Cosa è che rende opaca una struttura?
Per i metalli essenzialmente il fatto che gli elettroni sono abbastanza
liberi di muoversi da poter seguire i campi elettromagnetici fino
a schermarli (il che corrisponde al fatto che in un metallo alcune
bande sono riempite solo parzialmente e quindi sono possibili
transizioni infrabanda), per i dielettrici la possibilità di transizioni fra
livelli,
(si chiamano interbanda per i livelli di un cristallo, per via
dell'organizzazione
in bande dei livelli elettronici) nelle frequenze ottiche.
Post by Elio Fabri
No, lo scattering in avanti e' soltanto quello ad angolo zero.
Mi sembra un'avvertenza molto utile che invita a rispolverare
questo importante risultato.
Quali sono le ipotesi di validità del teorema ottico? Mi sembra
che si dimostri a partire dall'ipotesi che il flusso di energia è
conservato, ovvero che il mezzo si comporti come un diffusore
ideale.

Quindi dal teorema ottico possiamo solo sapere quanto la luce viene
attenuata per effetto della diffusione, ma non quanto il materiale
assorbe, ad esempio, e quanto il materiale concretamente
diffonde, tuttavia spesso si trova un poco di confusione fra coefficiente
di attenuazione e coefficiente di assorbimento perchè sono usati
come sinonimi anche da Jackson, ad esempio, mentre nel caso
di luce diffusa sarebbe più indicato utilizzare il termine coefficiente
di attenuazione, perchè non c'è luce assorbita (o meglio si trascura
la componente assorbita, tornerò in seguito su questo punto).

Considerando mezzi dispersivi, a livello macroscopico si parla
di assorbimento risonante per indicare che il coefficiente di
attenuazione di una data frequenza è molto alto, ovvero la parte
immaginaria della costante dielettrica è molto alta, mentre la parte
reale della costante dielettrica diminuisce al crescere
della frequenza, (in tal caso si parla anche di relazioni di
dispersione anomala, perchè il comportamento normale, come
riconosciuto da Hooke e Newton è che la luce di frequenza più alta viene
deflessa maggiormente e quindi che la sua velocità sia minore,
ovvero la parte reale della costante dielettrica aumenta al crescere
della frequenza, Kundt fu fra i primi ad osservare il fenomeno della
dispersione anomala usando prismi di materiali che assorbivano
nella finestra ottica, quello che vedeva era uno spettro che si divide in
due parti, con due striscie di colore staccate da una zona buia in
corrispondenza
della zona di assorbimento). In termini di costante dielettrica la quantità
di energia
assorbita da un dielettrico dipende dal prodotto J E dove J è fissato
dall'equazione di Maxwell rot(H) = J_p + eps_0 dE/dt. Nel caso in
cui la suscettività magnetica del materiale possa essere paragonata
a quella del vuoto otteniamo rot(B/mu) = J + eps_0 dE/dt
che possiamo combinare come al solito con rot(E) = dB/dt
derivando la prima rispetto al tempo e sostituendo la seconda otteniamo
quindi: [- q^2 / mu + eps_0 om^2]E = -i om J_p Dove puoi sostituire

q^2 = om^2 eps(om) mu che si ottiene se consideriamo l'equazione
rot(H) = dD/dt e sostituiamo D = eps(om) E.

da cui infine J = i om [1 - eps_r (om)]

dove si intende che in unità razionalizzate eps_r(om)
è la costante dielettrica relativa, alla frequenza omega. Si intende che
siccome il campo elettrico e la corrente sono grandezze reali saranno
descritte da combinazioni lineari di esponenziali complessi di frequenze
opposte, in modo che come noto l'energia mediamente dissipata risulta
dalla parte reale dell'integrale di volume di J*.E. Per questo motivo
quello che conta ai fini della dissipazione è proprio la parte immaginaria
della costante dielettrica, mentre il termine proporzionale ad omega
è la parte reattiva dell'energia, ovvero la quantità di energia che il
sistema
accumula ma restituisce durante le oscillazioni.

In termini di fotoni questo comportamento della
costante dielettrica implica che una certa parte dei fotoni dell'onda
elettromagnetica viene assorbita. Le proprietà dissipative sono
comprese in termini di seconda quantizzazione le onde piane
possono essere sviluppate nelle componenti sferiche e gli
elementi di matrice dei corrispondenti momenti di multipolo
determinano le ampiezze di transizione. Come Kundt mise
in evidenza, quella che chiamiamo dispersione anomala è
difatto la regola, ma poichè lo studio della separazione della
luce nelle componenti dell'iride ha luogo grazie alla trasparenza
dei materiali rifrangenti la dispersione più semplice da osservare
è proprio quella che più raramente ha luogo. In altre parole
risulta che quando uno va a studiare un materiale comune,
con poche eccezioni, che sono costituite dai vetri silicati,
dai cristalli diamante, ed in genere da materiali fortemente
isolanti troverà due cose: una debole disposizione dei materiali
a condurre elettricità, ed una risposta dielettrica caratterizzata
da una buona componente immaginaria. Cosa significa questo
in termini quantistici? Nulla di più semplice: il materiale ha una
certa estensione di stati vuoti separati dagli stati più alti da una
energia che divisa per h cade nella frequenza della luce visibile.


Abbiamo già detto che se disperdiamo un tale materiale in un
mezzo trasparente otteniamo un mezzo colorato, talvolta possiamo
ottenere un mezzo moderatamente opaco, tuttavia notiamo
una sottigliezza: se i centri diffusori sono rarefatti e non abbiamo
alcuna forma di coerenza nella distribuzione dei centri di scattering,
e se inoltre la costante di
attenuazione è alta (il che traduce che il mezzo è moderatamente opaco,
non è il caso dell'atmosfera ad esempio, ma è il caso di una vernice
pigmentata)
quello che
risulta è che la radiazione diffusa è dispersa su tutto l'angolo
solido, cosa ne è di questa luce che immettiamo nel sistema?

Una prima tentazione potrebbe essere quella di dire che
viene assorbita e poi riemessa in forma di radiazione elettromagnetica,
tuttavia se questo è vero per quelle frequenze a cui i pigmenti sono
assorbitori, non sarà altrettanto vero per le frequenze a cui i pigmenti
sono diffusori. Potrebbe tuttavia verificarsi che processi non lineari
riequilibrino le diverse componenti spettrali, oppure che la componente
diffusa, più semplicemente, non sia perfettamente diffusa, ma associata
alla diffusione si abbia sempre un tantino di assorbimento.

Assumiamo quindi che il nostro mezzo non abbia effetti non lineari e
pensiamo ad un pigmento di un certo colore caratteristico. In termini
classici
di approssimazione lineare un meccanismo è relativamente chiaro: non può
esistere un diffusore perfetto, in altre parole dal momento che ad una
componente reale della costante dielettrica è "quasi sempre" (ovvero
per quasi ogni frequenza) associata
una componente immaginaria risulta che una parte della luce
viene assorbita dal diffusore. In termini quantistici la situazione
è meno semplice: cosa significa questa circostanza sul piano
microscopico? Cosa significa che un pigmento è colorato?

Significa che la luce di una certa frequenza corrispondente al
colore del pigmento viene riflessa senza essere assorbita, questo
può succedere perchè siamo in regime di diffusione, frequenze ottiche
che non incontrano livelli vuoti, oppure in regime di assorbimento e
riemissione
monocromatica. Nel primo caso per avere riflessione occorre
che la luce agisca sui centri di scattering, ovvero trasferisca impulso,
altrimenti sarebbe solamente trasmessa, abbiamo quindi una transizione
virtuale ad uno stato di energia più alta ed una restituzione di energia,
in termini più rigorosi la perturbazione elettromagnetica non commuta
con l'hamiltoniana di riposo del sistema e quindi, nonostante che
per quella frequenza non avremmo stati imperturbati vuoti, risulta che
gli elementi di matrice per lo scattering di un fotone saranno non nulli,
quindi il sistema reagisce al campo. E per lo stesso motivo, ovvero
il termine di interazione radiazione materia non commuta con l'hamiltoniana
degli atomi, avremo una dispersione nella frequenza dei fotoni emessi.

In termini meno rigorosi:
il teorema di indeterminazione, che poggia sulle relazioni di commutazione,
fa sì che in questo processo di scattering
delle due l'una: o il numero di fotoni cambia, oppure è la fase dei fotoni
che cambia. In pratica, associata al processo di scattering avremo una
irriducibile dispersione nel numero di fotoni uscenti. In termini ancor
meno rigorosi,
dal momento che lo scattering dura un certo tempo finito abbiamo una
incertezza temporale sulla fase di scattering, e corrispondemente una
incertezza sulla energia dei fotoni emessi, questo comporta che
lo scattering implicherà un'attenuazione dell'intensità in corrispondenza
delle frequenze che ci aspetteremmo perfettamente diffuse. In termini
di teoria dello scattering l'ampiezza di transizione fra stati
corrispondenti
a frequenze differenti non può mai essere esattamente diagonale, anche
se può andar vicino all'esser tale per sistemi estesi e massivi e per
onde ideali che durano da meno infinito a più infinito.

Tuttavia in un sistema denso quel che avviene
è che la teoria di risposta lineare è solo approssimativamente
verificata e per lo più rende conto dei principali fenomeni di
dissipazione in termini di costanti dielettriche, ma molto spesso
un materiale che assorbe luce e quindi diffonde, (ad esempio
pensa al petrolio) ha comportamenti non lineari nella regione ottica,
e quindi può assorbire luce ad una frequenza ed emetterla ad
una frequenza differente.
Post by Elio Fabri
Comunque l'articolo di Einstein si trova anche in trad. italiana, e
potrest sempre leggerlo.
Ma è quello che in edizioni Newton va sotto il nome "Teoria dei
quanti di luce?".


P.s.: sai dove si può leggere qualcosa circa la fisica della
sensibilità delle emulsioni fotografiche? Mi chiedevo anche
se nella chimica dei materiali fluorescenti esistono fenomeni
di sensibilità alle intensità. Cioè se cambiando l'intensità di
illuminazione cambia la frequenza della luce emessa e/o
la dispersione in frequenza della potenza spettrale della luce
emessa, mi piacerebbe trovare qualcosa di relativamente piano,
ma che entrase anche nel dettaglio degli aspetti quantistici, pure
su quanto ho scritto qua sopra mi piacerebbe avere correzioni e
suggerimenti di letture integrative.
Post by Elio Fabri
--
Elio Fabri
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Inviato via http://arianna.libero.it/usenet/
Soviet_Mario
2007-04-16 13:50:37 UTC
Permalink
Post by popinga
Lo scattering compton a basse energie (ad esempio nel visibile) si riduce a
diffusione Thomson, in cui il rinculo dell'elettrone è trascurabile e la
frequenza dei fotoni non viene alterata nell'urto (per cui è possibile una
trattazione classica del problema, in termini di onde elettromagnetiche).
Quello che succede in pratica, ad esempio quando hai luce visibile che
attraversa un mezzo, è che la radiazione viene diffusa in tutte le
direzioni. Lo scattering Thomson è responsabile dell'opacità delle atmosfere
stellari, in cui i fotoni a causa degli urti Thomson sulle particelle
cariche seguono cammini random e possono impiegare anche molto tempo
(migliaia di anni?) prima di uscire dalla stella. Nel caso di diffusione su
elettroni legati agli atomi (es. atmosfera terrestre), l'effetto del legame
atomico può protare ad una dipendenza della probabilità di diffusione dalla
frequenza della radiazione incidente: questo fenomeno è legato al colore blu
del cielo.
ti chiedo se hai tempo una conferma su una cosa che credevo di
sapere : pensavo che la diffusione del visibile nei gas
molecolari fosse chiamata diffusione di Rayleigh .... è per caso
un sinonimo ? E' la stessa cosa ma è stata scoperta da entrambi
indipendentemente magari studiando diversi aspetti sperimentali
del medesimo fenomeno ? O infine mi ricordo male io e stop ?
ciao
soviet_mario
Post by popinga
--
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Inviato via http://arianna.libero.it/usenet/
Tetis
2007-04-24 19:28:20 UTC
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Post by Soviet_Mario
Post by popinga
Lo scattering compton a basse energie (ad esempio nel visibile) si riduce a
diffusione Thomson, in cui il rinculo dell'elettrone è trascurabile e la
frequenza dei fotoni non viene alterata nell'urto (per cui è possibile una
trattazione classica del problema, in termini di onde
elettromagnetiche).
Post by Soviet_Mario
Post by popinga
Quello che succede in pratica, ad esempio quando hai luce visibile che
attraversa un mezzo, è che la radiazione viene diffusa in tutte le
direzioni. Lo scattering Thomson è responsabile dell'opacità delle atmosfere
stellari, in cui i fotoni a causa degli urti Thomson sulle particelle
cariche seguono cammini random e possono impiegare anche molto tempo
(migliaia di anni?) prima di uscire dalla stella. Nel caso di diffusione su
elettroni legati agli atomi (es. atmosfera terrestre), l'effetto del legame
atomico può protare ad una dipendenza della probabilità di diffusione dalla
frequenza della radiazione incidente: questo fenomeno è legato al colore blu
del cielo.
ti chiedo se hai tempo una conferma su una cosa che credevo di
sapere : pensavo che la diffusione del visibile nei gas
molecolari fosse chiamata diffusione di Rayleigh .... è per caso
un sinonimo ?
Lo scattering di Rayleigh riguarda lo scattering da parte di elettroni
legati,
in un gas, come sai la teoria di Rayleigh è totalmente classica. Tuttavia
può essere riconnessa, in ambito quantistico, con l'altro caso limite che
è lo scattering di Thomson da parte di particelle completamente libere.
Una derivazione che rimane valida nel limite classico tratta la differenza
di energia fra i primi due livelli come un oscillatore armonico e la trovi
qui:

http://farside.ph.utexas.edu/teaching/em/lectures/node97.html

gli elettroni legati hanno proprietà di moto che risultano vincolate
dalle caratteristiche differenti dello spettro discreto rispetto allo
spettro
continuo. Il fattore di struttura rilevante nel caso dell'effetto Rayleigh è
quello del limite statico, quindi risulta essenzialmente legato alla
polarizzabilità
ovvero alla costante dielettrica statica del gas. Nel caso dello scattering
Thomson si distingue lo scattering incoerente dallo scattering
coerente. Il parametro fisico per distinguere dipende da caso a caso,
ma per gli elettroni di un plasma termico rarefatto è il parametro di
schermo
di Debye Huckel quello che si usa se questa lunghezza di schermo è
comparabile
con la lunghezza d'onda della luce cominciano a contare effetti di coerenza
che
possono essere anche molto difficili da trattare. Se la lunghezza di schermo
è molto più grande della lunghezza d'onda della luce lo scattering Thomson
è incoerente.

Analoghi parametri di schermo sono
utilizzati in fisica dello stato solido per gli elettroni metallici o
nei semiconduttori.
Post by Soviet_Mario
E' la stessa cosa ma è stata scoperta da entrambi
indipendentemente magari studiando diversi aspetti sperimentali
del medesimo fenomeno ? O infine mi ricordo male io e stop ?
Direi che sono effetti distinti, potrebbero in qualche modo interferire
nella dinamica di alcuni tipi di plasmi, laddove sussistano lunghezze
di schermo di tipo Debye dello stesso ordine di grandezza delle dimensioni
delle molecole. Altrove, in questi giorni parlavamo di sistemi di densità
inusuale, ma nemmeno per quei casi mi sembra che la lunghezza di
schermo di Debye scenda mai sotto il micron. Un'altra lunghezza di
schermo è rilevante per altri motivi nel caso di materiali fortemente
compressi
come i nuclei planetari e stellari: quella di Thomas Fermi, infatti
molti degli elettroni per atomi massivi sono condensati nei pressi dei
nuclei, in virtù di elevati valori di k a cui hanno accesso per effetto dei
valori di Z. Possiamo confrontare il raggio di Bohr
per il primo elettrone con 2pi / k_F. Finchè questi numeri non si somigliano
abbiamo atomi circondati da elettroni ed un andamento esponenziale della
forza repulsiva di Pauli-Coulomb. Per atomi leggeri come l'idrogeno o
l'elio la storia dovrebbe essere differente, dovremmo avere andamenti
più prossimi a leggi di potenza.

Ancora un tema che non avevamo affrontato: alcuni semiconduttori
sono trasparenti alla luce, appaiono dello stesso colore, all'incirca
sia in trasparenza che in emissione. Come si spiega questo fatto?
Si dice che siccome non assorbono una certa lunghezza d'onda la
luce corrispondente li attraversa e li vediamo in trasparenza di quel
dato colore, ma per la luce diffusa cosa possiamo dire? Che tipo di
diffusione è? Va detto anche che in questo tipo di materiali può essere
indotta fotoluminescenza.

Continuo a cercare letture sul tema della sensibilità delle
emulsioni fotografiche ed in generale sui processi di scattering
a più fotoni da parte di molecole fotochimiche più o meno
grandi. Spero in letture che senza disdegnare la fisica quantistica
mantengano un livello di esposizione piano. Ad esempio perchè
la sensibilità, per basse esposizioni non è lineare? Quanto contano
i termini multipolari nei processi fotochimici molteplicemente attivati,
cosa si può imparare dai processi a più fotoni, riguardo ai termini
di multipolo?
Post by Soviet_Mario
ciao
soviet_mario
Post by popinga
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Soviet_Mario
2007-04-25 09:30:15 UTC
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Tetis ha scritto:

ti ringrazio molto per il tentativo di spiegare in modo completo
e dettagliato l'intera questione.
Mi rileggerò varie volte il post e spero di capirne anche una
parte (mi accontenterei). Per adesso ho capito che la mia
domanda non aveva la risposta che mi aspettavo :-)
ciao
Soviet
CUT ALL
Tetis
2007-04-25 21:13:58 UTC
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Post by Soviet_Mario
ti ringrazio molto per il tentativo di spiegare in modo completo
e dettagliato l'intera questione.
Mi rileggerò varie volte il post e spero di capirne anche una
parte (mi accontenterei). Per adesso ho capito che la mia
domanda non aveva la risposta che mi aspettavo :-)
Vabbé, intanto reitero le questioni che mi sembravano
importanti. Poi cercherò di capire se c'è una risposta
più vicina a quello che ti aspettavi, ad esempio l'elettrodinamica
è una teoria unitaria che prevede entrambi i fenomeni, i
calcoli per il il primo caso sono stati fatti da ... per il
secondo caso da ... Entrambi questi casi rientrano nella
tematica generale del trasferimento di energia in complessi
atomico molecolari...

Le questioni che avevo sollevato a complemento delle altre
rivolte a Fabri sono:

Ancora un tema che non avevamo affrontato: alcuni semiconduttori
sono trasparenti alla luce, appaiono dello stesso colore, all'incirca
sia in trasparenza che in emissione. Come si spiega questo fatto?
Si dice che siccome non assorbono una certa lunghezza d'onda la
luce corrispondente li attraversa e li vediamo in trasparenza di quel
dato colore, ma per la luce diffusa cosa possiamo dire? Che tipo di
diffusione è? Va detto anche che in questo tipo di materiali può essere
indotta fotoluminescenza.

Continuo a cercare letture sul tema della sensibilità delle
emulsioni fotografiche ed in generale sui processi di scattering
a più fotoni da parte di molecole fotochimiche più o meno
grandi. Spero in letture che senza disdegnare la fisica quantistica
mantengano un livello di esposizione piano. Ad esempio perchè
la sensibilità, per basse esposizioni non è lineare? Quanto contano
i termini multipolari nei processi fotochimici molteplicemente attivati,
cosa si può imparare dai processi a più fotoni, riguardo ai termini
di multipolo?
Post by Soviet_Mario
ciao
Soviet
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luciano buggio
2007-04-25 20:24:47 UTC
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Tetis ha scritto:
(cut)
Post by Tetis
Continuo a cercare letture sul tema della sensibilità delle
emulsioni fotografiche ed in generale sui processi di scattering
a più fotoni da parte di molecole fotochimiche più o meno
grandi. Spero in letture che senza disdegnare la fisica quantistica
mantengano un livello di esposizione piano. Ad esempio perchè
la sensibilità, per basse esposizioni non è lineare? Quanto contano
i termini multipolari nei processi fotochimici molteplicemente attivati,
cosa si può imparare dai processi a più fotoni, riguardo ai termini
di multipolo?
Sono molto interessato a questi temi, che riguardano l'impressione della
lastra fotografica, ma ad un livello molto "elementare": vedo che la
trattazione può essere molto complessa ed articolata. Penso comunque che
la trattazione con le ipotesi più elementari sia il fondamento per
considerare poi maggiori livelli di complessità, ma non sono riuscito a
trovare in rete o altrove le risposte che cerco alle domande più semplici.
Forse tu puoi aiutarmi.

Il mio problema è questo.
Abbiamo una normale lastra emulsionata (cristalli di AgBr sospesi
nell'emulsione, dimensione dei grani da 1 a 3 micron, con densità da 500
milioni a tre miliardi per centimetro quadrato).
Come nell'esperimento di Taylor, inviamo un fotone (naturalmente della
giusta energia) alla volta.
1 - Che cosa succede? Il fotone (se riesce ad interagire: c'è
evidentemente un problema di efficienza del dispositivo) ionizza un atomo
facendo saltar via un elettrone, mi pare. E poi?
Un fotone è sufficiente per alterare lo stato di un grano (creando quella
che si dice "immagine latente") in modo che con lo sviluppo della lastra
appaia, al microscopio, il famoso "puntolino luminoso" (posto che il detto
puntolino corrisponda ad un singolo cristallo)? O servono più fotoni?
2 - In ogni caso, qual'è l'efficienza del dispositivo, cioè quanti fotoni
singoli bisogna mediamente mandare in successione per avere l'impressione
di un puntolino?
Tale efficenza è un dato solo sperimentale o è previsto dalla teoria, o
tutt'e due?
3 - Infine si sono mai visti i famosi puntolini sulla lastra? Forse Taylor
non li ha mai visti, ma in seguito sono stati fatti esperimenti (ribadisco
quanto premesso: al livello elementare di quell'esperimento, no CCD, no
fotorilevatori ecc) per distinguerli, magari al microscopio, uno ad uno,
in una fase dell'esperimento in cui non si è ancora formata un'immagine
"continua" (come quella vista da Taylor dopo mesi di esposizione) sulla
lastra?

Io credo che queste siano domande che è doveroeso porsi ed a cui dovrebbe
anche essere semplice rispondere, oltre che altrettanto doveroso.
Ciao.
Luciano Buggio
http://lucianobuggio.altervista.org/
--
questo articolo e` stato inviato via web dal servizio gratuito
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Tetis
2007-05-15 17:34:03 UTC
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Post by luciano buggio
(cut)
Post by Tetis
Continuo a cercare letture sul tema della sensibilità delle
emulsioni fotografiche ed in generale sui processi di scattering
a più fotoni da parte di molecole fotochimiche più o meno
grandi. Spero in letture che senza disdegnare la fisica quantistica
mantengano un livello di esposizione piano. Ad esempio perchè
la sensibilità, per basse esposizioni non è lineare? Quanto contano
i termini multipolari nei processi fotochimici molteplicemente attivati,
cosa si può imparare dai processi a più fotoni, riguardo ai termini
di multipolo?
Sono molto interessato a questi temi, che riguardano l'impressione della
lastra fotografica, ma ad un livello molto "elementare": vedo che la
trattazione può essere molto complessa ed articolata. Penso comunque che
la trattazione con le ipotesi più elementari sia il fondamento per
considerare poi maggiori livelli di complessità, ma non sono riuscito a
trovare in rete o altrove le risposte che cerco alle domande più semplici.
Forse tu puoi aiutarmi.
Come dicevo, ma non è comparsa la risposta, io mi pongo
anche altre questioni, e mi sembra che le tue questioni
pressuppongano certe risposte a queste altre domande per
essere formulate: come dipende, se dipende, la formazione delle immagini
latenti
nei grani dal rate di illuminazione? Che correlazioni esistono
se esistono, fra la formazione di una immagine latente in un punto e
la formazione di immagini latenti in punti immediatamente
vicini? Quando Fabri parla di 4-5 fotoni necessari si riferisce al numero
di fotoni necessari perchè uno ione di argento sia liberato dalla
sua gabbia reticolare e possa diffondere, o al numero di fotoni necessari
perchè si formi l'immagine latente? I singoli grani possono comportarsi,
delle tre l'una:
come centri di fluorescenza,
solamente come centri di diffusione,
nè in un modo nè nell'altro sono assorbitori deterministici.
Forse sono temi di cui avete già discusso in passato, sapresti
indicarmi dove o quando?
Post by luciano buggio
Il mio problema è questo.
Abbiamo una normale lastra emulsionata (cristalli di AgBr sospesi
nell'emulsione, dimensione dei grani da 1 a 3 micron, con densità da 500
milioni a tre miliardi per centimetro quadrato).
Come nell'esperimento di Taylor, inviamo un fotone (naturalmente della
giusta energia) alla volta.
1 - Che cosa succede? Il fotone (se riesce ad interagire: c'è
evidentemente un problema di efficienza del dispositivo) ionizza un atomo
facendo saltar via un elettrone, mi pare. E poi?
Se i cristalli hanno bande di conduzione non è necessario che l'elettrone
salti via, basta che venga promosso in banda di conduzione, la questione
è perchè una volta promosso non viene semplicemente riassorbito, ma
può preferire fissarsi alla superficie del grano? Sono necessari altri
atomi al bordo dei grani di AgBr per ottenere siti reticolari ionizzati,
oppure
basta l'effetto di superficie e l'esistenza di spigolosità? Che ruolo hanno
eventualmente i difetti reticolare nell'accrescere o diminuire la
sensibilità
del materiale fotografico? La diffusione degli ioni argento? Elettroni e
lacune?
Post by luciano buggio
Un fotone è sufficiente per alterare lo stato di un grano (creando quella
che si dice "immagine latente") in modo che con lo sviluppo della lastra
appaia, al microscopio, il famoso "puntolino luminoso" (posto che il detto
puntolino corrisponda ad un singolo cristallo)?
In rete ho trovato immagini al microscopio elettronico di grani di alogenuri
di argento che mostrano come il singolo grano può presentare più di un
"puntolino luminoso", in verità cambia il potenziale superficiale nei pressi
della punta del grano, in presenza di un campo elettrico. Immagino che un
ruolo lo abbia la presenza di campi elettrici spontanei localizzati fra
questi
grani. Sono questi elettroni alla superficie la premessa alla reazione
chimica
che metterà poi in risalto l'immagine latente. La parte chimica è complessa
sono possibili diversi procedimenti di sviluppo dell'immagine latente, ma
quello che chiamiamo immagine latente è essenzialmente il fatto che nel
cristallo alcuni siti reticolari si sono ionizzati positivamente mentre gli
elettroni sono andati in superficie? Perchè rimangono localizzati in
superficie?

http://wwwold.unict.it/dipchi/05Didattica/Corsionline/Coloranti/14_Fotografia/Web_14/process02_01fig01.htm
Post by luciano buggio
O servono più fotoni?
Come dicevo si può esser curiosi anche di quanti fotoni, ho trovato una
risposta del Fabri che dice che è necessario che
più fotoni vengano assorbiti, anche a distanza di svariati minuti.
Comunque non diceva nulla sull'effetto del rate e su eventuali
effetti di correlazione. Questi dati empirici possono avere un
ruolo nel rispondere alla domanda che poni sopra ed anche
alla seconda domanda che poni.
Post by luciano buggio
2 - In ogni caso, qual'è l'efficienza del dispositivo, cioè quanti fotoni
singoli bisogna mediamente mandare in successione per avere l'impressione
di un puntolino?
Andando un poco oltre la questione di base di quanti fotoni singoli siano
necessari e quanti siano sufficienti, ho trovato in letteratura
che la sensibilità cresce proporzionalmente al
volume dei grani. Ma la spiegazione di questo fatto richiede di considerare
come giocano il volume e la superficie nei processi di formazione
dell'immagine
latente. A prima vista sembrerebbe ragionevole che la probabilità di
assorbimento del fotone da parte di un grano sia proporzionale al
volume, ma mi chiedevo anche, non ci saranno effetti di saturazione per
via dei quali crescendo il numero di lacune nel materiale i successivi
elettroni possono ricombinarsi?
Post by luciano buggio
Tale efficenza è un dato solo sperimentale o è previsto dalla teoria, o
tutt'e due?
3 - Infine si sono mai visti i famosi puntolini sulla lastra? Forse Taylor
non li ha mai visti, ma in seguito sono stati fatti esperimenti (ribadisco
quanto premesso: al livello elementare di quell'esperimento, no CCD, no
fotorilevatori ecc) per distinguerli, magari al microscopio, uno ad uno,
in una fase dell'esperimento in cui non si è ancora formata un'immagine
"continua" (come quella vista da Taylor dopo mesi di esposizione) sulla
lastra?
Vedi l'immagine che ho linkato sopra.
Post by luciano buggio
Io credo che queste siano domande che è doveroeso porsi ed a cui dovrebbe
anche essere semplice rispondere, oltre che altrettanto doveroso.
Ciao.
Luciano Buggio
http://lucianobuggio.altervista.org/
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